Una figurina nell’album

Che cosa succede quando pensi di aver trovato “quello giusto”, e invece scopri di essere solo l’ennesima tappa di un viaggio che sembra non avere fine? Quando il passato torna a bussare con troppi nomi e troppe ferite aperte, come fai a capire se è amore o solo un’abile illusione? È possibile fidarsi davvero, o si cammina perennemente sul filo sottile tra speranza e paura? Io l’ho scoperto a mie spese: a volte non sei altro che una figurina, incollata accanto alle altre, in un album che vorresti dimenticare. E allora la domanda è: chi ha sbagliato davvero?

Quando l’ho conosciuto, non sapevo ancora che tipo di storia stavo per vivere.
Mi aveva colpito subito: lo sguardo profondo, i modi attenti, il modo in cui sembrava “esserci” anche senza dire molto. È iniziato tutto lentamente, come un sogno che si avvicina piano. C’era desiderio, sì, ma anche distanza. Una speranza che cresceva giorno dopo giorno, senza sapere se avrebbe trovato spazio per sbocciare.

Poi è iniziato davvero.
E proprio quando pensavo di potermi fidare, è arrivato il suo passato. Troppe storie, troppi nomi, troppe relazioni finite sempre nello stesso modo: con lui che se ne andava. Ha cominciato a scavarmi dentro una paura sottile ma costante: e se fossi la prossima?

Quando vivi una relazione con quella paura addosso, non ci sei mai davvero dentro.
È come camminare su un filo teso: un piede dentro, l’altro pronto a scappare. Vivi in bilico. Instabile. Insicura.
E allora mi sono chiesta mille volte: sono io così insicura? O è lui che non mi ha mai fatto sentire abbastanza al sicuro?
Dov’è il confine tra le mie paure e le sue mancate rassicurazioni? Cos’è mio? Cos’è suo?

Dopo la rottura, queste domande sono diventate il mio sottofondo quotidiano.
Mi ascolto. Provo a guardarmi con onestà. E sento un dolore sordo: quello di sapere che, sì, sono stata solo una delle tante.
Un altro numero, un’altra storia finita.
Una figurina incollata in quell’album che tanto mi faceva paura.

È un pensiero che mi spezza.
Perché fino all’ultimo ho sperato che noi potessimo essere l’eccezione.
Che avremmo trovato il nostro angolo nel mondo, la nostra casa.
E oggi mi chiedo: era davvero amore? O solo un delirio condiviso, una confusione che ci ha illusi di essere fusi, quando in realtà non sapevamo nemmeno dove finiva uno e iniziava l’altro?

Quanto speravo. Ma quanta di quella speranza era desiderio vero?
E quanta invece era solo il disperato bisogno di sentirmi amata, di sentirmi amabile?

Mi chiedo se sia stata imprudente a mettere il mio cuore in quelle mani. Mani che forse erano solo di passaggio.
Eppure, ci ho sperato. Con tutta me stessa.
E oggi stringo questo dolore, questa sensazione di piccolezza.
Sono stata solo la successiva. Solo un’altra.

Cosa succederà adesso quando incrocerò gli sguardi delle altre?
Quelle che, come me, fanno parte di quella collezione che tanto mi faceva paura?
Mi sento piccola. E stupida. Terribilmente stupida.
E forse, tra tutti i dolori che vanno e vengono da quella rottura, questo è quello che brucia di più.

Ed è proprio questo il pensiero che, più di tutti, mi brucia dentro:
sono diventata una figurina in quell’album.
Una delle tante. Un’immagine incollata accanto alle altre.
Ed è lì che sento il fallimento. Il dolore più vivo.

Mi chiedo se, invece di vivermi questa storia per ciò che era,
non l’abbia affrontata come una scommessa da vincere.
Se non mi sia concentrata più su cosa rappresentare per lui,
che su chi ero davvero con lui.

E allora mi si attivano sensi di colpa.
Per non essere stata autentica.
Per aver lasciato che fosse la paura a guidarmi.
Una paura sottile, continua, che ha reso tutto più complicato, più confuso.

Mi chiedo quanta parte di questa responsabilità sia mia.
E se abbia davvero senso portarla tutta sulle spalle.
O se l’amore, in fondo, sia qualcosa che accade,
che va lasciato accadere, senza forzature.
Con la sola attenzione di restare fedeli a sé stessi.
Di non perdersi. Di non confondersi.

Perché quello che si prova dentro una relazione è spesso sfocato.
Si mescola, si contamina.
È un intreccio di emozioni che si sfiorano, si scontrano, si confondono.
E non sempre sappiamo come agire.
A volte reagiamo.
A volte ci lasciamo trascinare.

Adesso c’è paura.
Quella vera.
Paura di iniziare un nuovo viaggio senza sapere dove porta.
Senza sapere se sarà amore o un altro inciampo.
Senza certezze, senza contorni netti.
Paura di soffrire.
E paura, anche, di far soffrire.

Sono una figurina, adesso.
E questo dolore lo porto con me.
Non come un’etichetta, ma come un pezzo di me.
Un pezzo che oggi brucia, ma che forse un giorno sarà solo una traccia.
Qualcosa che mi ha insegnato chi non voglio più diventare.

Benvenuto