Due settimane di ferie e una carriera da drama queen

Due settimane di ferie e una carriera da drama queen. Sì, avete letto bene. Mentre tutti sognano mare, sole e relax, io ho scelto lacrime, cocci e riflessioni esistenziali… in pieno stile “dramma romantico in vacanza”. Se pensavate che le vacanze fossero sinonimo di felicità, preparatevi a cambiare idea.

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Le mie ferie. Due settimane che avevo immaginato come un’oasi dorata: mare, sole, risate, coccole… e invece le ho trascorse a piangere. Solo a piangere. Fantastico, vero? Chi ha bisogno di relax quando può avere lacrime come compagne di viaggio?

Erano più o meno programmate: io e lui, un po’ dai suoi genitori, un po’ dai miei, il mare e una piccola fuga fuori porta per staccare un po’. Avevamo accumulato stress: il mio lavoro triplicato, la sua nuova casa da ristrutturare, il tempo che mancava sempre e per tutto. Sognavo ferie ad occhi aperti, una coccola per noi, uno spazio per ritrovarci… e invece lui ha deciso che era il momento perfetto per staccarsi da me. Bravo. Tempismo impeccabile, davvero degno di un Oscar.

Come un fulmine a ciel sereno, è arrivato il frastuono: distruzione silenziosa e devastante. Mi sono ritrovata sola, circondata dai cocci dei nostri sogni, frammenti di me, di lui, di noi. Ho provato a ricomporre tutto… ma cadeva dalle mani come sabbia. Ho implorato, supplicato. Prima lui, poi Dio. Ho cominciato a pensare che entrambi stessero facendo finta di non sentire.

Ho passato giorni a contorcermi nel letto, dolore ovunque, in ogni singola parte del corpo, chiedendomi “perché?”. Negli ultimi dieci anni la vita non è stata esattamente tenera: terremoto, malattia, divorzo… e quando lui è arrivato, per un attimo ho creduto che l’universo mi stesse facendo finalmente un regalo. Finalmente qualcuno che poteva far respirare il mio cuore, far sorridere di nuovo i miei giorni, rimettere insieme i pezzi sparsi della mia vita. E invece… il colpo di grazia. Dolore così potente da piegare le ginocchia e togliere il respiro. Ho pianto come se le lacrime potessero riempire il mondo intero.

La prossima volta, universo, potresti mandarmi qualcosa di più leggero? Qualcosa che non richieda un manuale di sopravvivenza emotiva e una laurea in resilienza? Grazie.

La verità? Non c’è un perché. Nessuna morale, nessuna logica. Il dolore arriva, ti schiaccia, e il mondo continua a girare come se niente fosse. Ho scelto di osservarlo, di lasciarmi attraversare da lui, di non oppormi più: inutile resistere.

Dopo giorni a tentare di salvare i cocci, li ho buttati. Perché restare aggrappati a ciò che non è più… è da masochisti. La fiducia, le promesse, le carezze… tutto è ieri. Non era amore. E se non lo è, allora non resta che lasciarlo andare.Non lo odio. Non potrei. L’ho amato, e questo amore non si cancella con la rabbia. Sta dove deve stare, lontano da me. Le ferie sono finite, domani torno a lavoro. Fino a ieri non sapevo se sarei stata in grado di tornare… oggi invece sì. Oggi sono pronta a ricominciare.

Ho lasciato andare l’idea di me che avevo con lui, l’immagine di noi che non esiste più. Il passato resta lì, una cicatrice che mi ricorderà quanto ho amato e quanto sono stata ingenua. Ma sopravvivere serve anche a questo: a capire quanto possiamo essere forti, quanto possiamo rialzarci. E a riconoscere che non tutto quello che luccica è amore, e nemmeno tutto ciò che promette felicità lo è davvero.

Ciò che non c’è più, semplicemente, non c’è più. Resta solo questo momento, solo noi, qui e ora. E forse, nella consapevolezza di questa libertà, c’è una forma di piacere sottile: la soddisfazione di non essere più intrappolata dalle illusioni, la certezza di poter sorridere anche quando tutto sembra andare a pezzi.

Presto mi prenderò qualche giorno per recuperare le ferie che non ho avuto. Mi sono dimenticata di sorridere, ma tornerà. Perché la vita va avanti, e io voglio viverla. Anche se con un pizzico di cinismo verso tutto ciò che pensavamo di sapere sull’amore e le sue promesse.

E alla fine, forse il vero lusso non è il mare o il sole o le ferie programmate… ma il poter scegliere di alzarsi, guardare i cocci e pensare: “Ok, universo, grazie per avermi ricordato chi sono davvero.”


La vita non ci deve spiegazioni, e il dolore non chiede permesso. Ma ogni ferita, ogni lacrima, ogni coccio sparso ci insegna qualcosa: chi siamo, cosa vogliamo e quanto siamo capaci di ricominciare. Alla fine, l’unica certezza resta il presente, e la scelta di vivere, davvero, anche quando tutto sembra frantumato.

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