31 dicembre. Tirare le somme quando l’amore fa ancora male

Questo non è un bilancio, né una chiusura rassicurante. È un atto di verità scritto nel punto esatto in cui finiscono le illusioni e resta solo ciò che è stato reale. Lo dedico a chi ha amato sul serio, e a chi sta per dire ti amo senza sapere ancora quanto pesa.

È il 31 dicembre.

Ieri sera ho pianto.

Questa mattina ho pianto ancora.

Non per nostalgia. Per stanchezza. Per quella stanchezza profonda che arriva solo quando hai tenuto in vita qualcosa più a lungo di quanto fosse giusto.

Negli anni passati, tirando le somme, ho già dovuto lasciare andare molto.

Sogni.

Speranze.

Versioni di me che non sarebbero tornate.

L’ho fatto senza consolazioni, senza frasi buone per addolcire il dolore. Solo con una consapevolezza nuda: ciò che era andato via aveva smesso di esserci.

Ho rimescolato. Ho cercato dentro di me la forza e il coraggio di ricominciare. Ancora una volta.

Lasciare morire ciò che non era più, costruire ciò che poteva essere.

Quando lui è arrivato nella mia vita non sembrava una salvezza. Sembrava una restituzione.

Le lacrime avevano fatto spazio al sorriso, quello del cuore, della pancia.

Ero vulnerabile, sì.

Ma pronta ad accogliere.

Provavo amore. E ne sentivo la restituzione.

Mi stupivo di lui, ma soprattutto di me. Di essere ancora capace di sentire così. Di dare così. Di immaginare ancora.

Parlavamo tanto. Chitarre interminabili di parole, ogni giorno. Il desiderio di vederci, ogni giorno.

L’attrito inevitabile di due persone che non si conoscono veniva smussato con il lavoro, con la dedizione.

Come due radio su frequenze diverse che cercano il canale giusto per sintonizzarsi. Tanto lavoro. Tante incomprensioni attraversate. Per trovarci. Per comprenderci.

Il Capodanno del 2024 lo abbiamo passato distanti. Eravamo insieme da poco, ognuno con i suoi impegni. Così dicevamo. Distanti di pochi chilometri.

Io, però, immaginavo. Lo immaginavo arrivare all’improvviso, un abbraccio, un semplice “ciao amore mio”.

Non è successo.

Abbiamo vissuto un anno intenso. Bello. Imperfetto. Attriti inclusi.

Il Capodanno del 2025 ci ha visti insieme, a Cracovia.

Insieme, ma già distanti.

Io lo sentivo. Da un po’.

I ti amo si erano fatti rari. I nomignoli, un tempo così presenti, sempre meno.

Ma per me eravamo ancora un noi. Sempre. Incomprensioni incluse.

Il 2025 è proseguito in modo altalenante.

Fino a una calda notte d’estate, il 13 luglio.

Mi ha lasciata con un gesto violento. Piango ancora.

Stanotte e questa mattina ho riletto parte della nostra lunghissima chat.

Più di due anni di parole. Interminabili. E mi sono fatta una domanda che continua a farmi male:

dove vanno i ti amo, quando non hanno più un posto?

È quasi ora di cena.

Sono sdraiata sul divano.

Chiudo un po’ gli occhi. E lo immagino ancora.

Lo immagino arrivare.

“Ciao amore mio.”

Un sussulto. E di nuovo, lacrime.

Con questo anno lascio andare un sogno chiamato amore.

Lascio andare le date di anniversario, gli eventi incisi nel mio calendario del cuore.

Il 2025 si porta via un pezzo di me. Si porta via il mio credere in un ti amo. La fiducia nelle parole gentili dette senza pensare al peso che hanno.

Si porta via i gesti che non voglio più fare, né ricevere. Le promesse che non voglio più ascoltare. Le date a cui non voglio più legarmi.

Si porta via la mia voglia di fidarmi e affidarmi.

Il mio desiderio di credere che basti sentire per restare.

Resta una verità che oggi fa male, ma che non voglio negare: l’ho amato tanto.

E ciò che ho immaginato dice molto di me, di quanto ci credevo. L’amore che ho dato è stato gettato via.

Ma non per questo era sbagliato. Era vero.

Ed essere veri non è mai una colpa.

Resterà appeso, in una cornice chiamata 2025, in un posticino del mio cuore. Non per essere rimpianto. Non per essere santificato.

Resterà come restano le cose vere: non intatte, ma significative. Non eterne, ma formative.

Ora arriva il 2026.

E con lui arrivo io, diversa.

Non sono più quella che crede alle parole.

Non sono più quella che aspetta.

Non sono più quella che costruisce sogni su frasi dette bene.

Nel 2026 non voglio più storie. Non voglio più promesse. Non voglio più ti amo.

Voglio silenzio sincero, se non c’è presenza. Voglio verità, anche scomoda. Voglio non dover più raccogliere pezzi lasciati da chi ha parlato senza sapere cosa stava facendo.

Scrivo perché le mie lacrime abbiano un senso. Per me, e per chi legge.

Perché dire ti amo non è un gesto romantico. Non è una frase fatta. Non è un gadget emotivo da usare quando serve.

È una parola che impegna. Che lascia segni. Che cambia la vita di chi la riceve.

E dovrebbe essere pronunciata solo da chi è disposto a sostenerne il peso.

Spero che questa consapevolezza arrivi nei vostri cuori. Che chi pronuncia un ti amo ne senta il peso, che chi lo riceve sappia custodirlo e restituirlo con verità.

Che chi legge, oggi, possa essere davvero amato. Non come parola vuota o gesto di comodo, ma con la profondità, la responsabilità e la forza che solo l’amore autentico sa avere.

Che arrivi a voi pieno, intenso, e vi insegni quanto l’essere umano, quando ama davvero, sappia trasformare il mondo dentro e intorno a sé.

Buon 2026

Con amore

Elena M

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