“Ti sei mai sentita viva, speciale, scelta… eppure, giorno dopo giorno, consumata da qualcuno che diceva di amarti? Ti guardi allo specchio e non riconosci più te stessa, fragile e ferita, come se ogni respiro fosse un peso. Questo è il mio racconto sull’arte di amarsi male: di come sono stata manipolata, di come ho dubitato della mia memoria e della mia voce, e di come, tra le macerie di quell’inganno, ho cominciato finalmente a vedere.“

All’inizio sembra amore.
Di quelli che ti travolgono, che ti fanno credere che tutto il dolore del passato serviva solo per arrivare fin lì.
Mi guardava come se fossi la risposta a tutte le sue domande, la persona che aspettava da sempre.
Mi diceva che ero l’unica, che con me era diverso, che non riusciva a staccarsi perché “non aveva mai provato niente di simile”.
E io ci ho creduto.
Ho creduto che fosse destino.
In realtà era un incantesimo. Il più crudele di tutti.
Perché mentre io costruivo un legame, lui costruiva un teatro.
E in quella scena perfetta, io recitavo la parte della donna speciale, quella che lo avrebbe salvato.
Non sapevo che nel copione era già scritta anche la mia caduta.
Poi, un giorno, qualcosa è cambiato.
Non so dire quando, forse dopo sei mesi, forse un po’ di più.
Ha cominciato con le critiche sottili, quelle che sembrano piccole ma scavano dentro:
“Non sei più quella di prima.”
“Sei troppo sensibile.”
“Hai capito male.”
Ogni volta una lama, nascosta sotto il tono calmo, l’aria sicura di chi “sa come stanno le cose”.
E io, piano piano, ho smesso di fidarmi di me stessa.
Mi diceva che ricordavo male, che inventavo, che ero confusa.
Ero arrivata a dubitare della mia memoria. Della mia percezione. Della mia voce.
Ero diventata minuscola.
Camminavo sulle uova, cercando ogni giorno di non dire, non fare, non pensare nulla che potesse “disturbarlo”.
Mi svegliavo sperando che quella fosse la giornata in cui mi avrebbe guardata di nuovo come all’inizio.
Non arrivava mai.
È così che si muore da vivi.
Un centimetro alla volta.
Nel silenzio.
Nell’attesa.
Nell’illusione che se ami abbastanza, l’altro smetterà di farti male.
E poi, come se non bastasse, è stato lui a lasciarmi.
Con una freddezza che ancora oggi mi gela.
Dopo avermi svuotata, mi ha gettata via come se fossi un errore da cancellare.
Mi ha ignorata, come se non fossi mai esistita.
E lì ho toccato il fondo.
Un fondo nero, dove non c’è più suono, né senso, né respiro.
Ti senti spezzata, sbagliata, ridicola per aver creduto così tanto.
Ma è proprio lì, tra le macerie, che succede qualcosa:
la lucidità ricomincia a filtrare.
Inizi a vedere.
A ricordare le manipolazioni, le bugie, il gaslighting.
A capire che non eri tu quella “troppo sensibile”.
E che quell’amore non era amore: era controllo, dipendenza, teatro.
Perché nel silenzio, quando non hai più nulla da perdere, ti accorgi che hai ancora te stessa.
Ho iniziato a ricordare. A mettere insieme i pezzi.
Ho capito che non ero pazza: ero stata manipolata.
Che non ero debole: ero stata ferita.
E che non ero “troppo sensibile”: ero solo viva.
Oggi so che l’amore non è ciò che ti fa tremare.
Non è ciò che ti spegne la voce.
Non è chi ti guarda con ammirazione per poi distruggerti con il dubbio.
L’amore vero non ti annebbia: ti illumina.
Non ti consuma: ti costruisce.
Non ti fa camminare sulle uova, ma a piedi nudi, libera, sulla terra ferma della tua verità.
Sì, ho sofferto.
Ho pianto fino a svuotarmi, ho urlato nel silenzio, ho odiato me stessa per averci creduto.
Ma oggi, a distanza di mesi, c’è un nuovo spazio dentro di me: limpido, solido, mio.
Non mi serve più che qualcuno mi scelga.
Perché finalmente mi sono scelta io.
Ora so che l’arte di amarsi male è una lezione.
Una ferita che si trasforma in sapienza.
Una cicatrice che ti insegna la forma dell’amore autentico.
L’amore non è un teatro, non è una lotta, non è una cura.
L’amore è casa.
E se non ti senti a casa, non è amore.
Mi sono amata male, ma ho imparato.
Ho attraversato la mia distruzione per incontrare la mia verità.
E da lì non torno più indietro.
L’arte di amarsi male non è un fallimento:
è solo il primo capitolo dell’arte di rinascere bene.
E se anche tu che leggi ti senti svuotata, persa, annientata…
ascoltami: non è la fine.
È solo l’inizio del ritorno a casa.
Con amore
Elena










